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“Idea Forma Alterità” fu realizzata da Giampiero Abate in occasione di una mostra il cui concept era incentrato sull’ispirazione.
Preparando questo progetto e dovendo scegliere le opere da portare in esposizione, mi vennero in mente i due soggetti fondamentali di quel lavoro: l’uomo, nell’espressione più aulicamente asettica di un corpo al di là delle considerazioni formali di genere, e la materia inanimata, rappresentata da un composto di cemento e sabbia. L’ispirazione, dunque, trae origine dal rapporto tra la condizione esistenziale e la materia che l’uomo trasforma, ma di cui in qualche modo si sente parte.
Nell’atto artistico, vale a dire quel viaggio intimo e interiore attraverso cui l’idea viene oggettivata, la materia è il primordiale spazio entro cui la forma viene elaborata; ma se è la materia che permette l’alterità dell’intuizione dalla mente creatrice, è il lavoro umano che identifica quell’idea nella materia. Nel processo di trasformazione, si esplica l’essenza esistenziale dell’artista, che applicauna scelta irreversibile costringendo la materia in una forma a priori, dando di fatto un destino a ciò che potenzialmente sarebbe potuto diventare qualsiasi altra cosa. Nonostante l’irreversibile alterazione che il lavoro umano applica, qualsiasi produzione artistica mantiene un riflesso lieve, tuttavia intuibile, di ciò che sarebbe potuta diventare la materia in origine se l’artefice della metamorfosi avesse preferito una diversa tra le infinite possibilità di trasformarla.
La scelta che l’artista applica alterando la materia è dovuta alla propria sensibilità, per cui esiste una sorta di predeterminazione in base alla quale è la sostanza grezza a guidare nella scelta della metamorfosi che la cambierà irreversibilmente.
L’oggetto d’arte, dunque, è il punto di unione tra intuizione umana e potenziale espressivo dei materiali all’origine: in questo rapporto sinciziale tra uomo e materia è l’artista che riconosce nella massa ancora da trasformare l’idea che ha a priori del futuro oggetto d’arte. In base a queste premesse, la distinzione tra artista e materia diventa sempre più labile: tutte le sostanze che compongono l’oggetto d’arte sono il concretizzarsi dell’idea di quell’oggetto creato a priori dalla sensibilità umana, per cui la materia diventa estensione tangibile della mente. L’intendimento di rappresentare l’uomo imbrigliato nella materia non è in un atto maieutico dell’artista davanti alla materia grezza, al contrario nella consapevolezza di esserne parte. Nel gioco di riconoscimento tra uomo e materia, ruolo assolutamente necessario è dato dal lavoro: è attraverso il “mestiere” dell’artista che l’idea si concretizza in una tra le tante contingenze fisiche facendola diventare apparizione necessaria; per questo il lavoro si percepisce come medium, non visibile ma assolutamente presente, tra il fondo trattato in modo che appaia grezzo e la figura umana, lavorata con una tecnica per cui il film pittorico sembri quasi traslucido.
Dunque, dovendo selezionare le opere da rappresentare in questo catalogo, che parla di tradizioni da conservare e arricchire, mi è apparsa quantomai interessante la constatazione per cui per Abate l’ispirazione nasce dal mestiere che l’uomo applica per trasformare la materia nelle sue idee. Il lavoro dell’artista, però,
non si compone di sola intuizione, è fatto di tecniche antiche, di strumenti consunti… di una tradizione che come un canto epico si apprende e si tramanda nutrita della propria esperienza. Il lavoro dell’artista è quantomai doloroso: l’atto creativo è un bisogno insopprimibile, ma a differenza dello spettatore, non ci si può sentire appagati dalla visione di ciò che si è creato. L’artista gode soltanto della fatica del proprio mestiere.
Qualsiasi commento è tanto più vero quanto si conosce in profondità l’oggetto della propria riflessione: conosco Giampiero da un tempo non misurabile a minuti, ma fatto di condivisione; non è un azzardo interpretare “Idea Forma Alterità” come la più sincera espressione di libertà: la libertà di godere e soffrire per quel furor che divora chi nell’Arte ha riposto l’intimo principio di fedeltà, chi delle scelte facili non rimpiange nemmeno il ricordo, chi abbandona la nave per farsi trafiggere dalla vita, ma solo dopo aver portato quella nave per acque tranquille.
L’AQUILA NON SI MUOVE – L’immutabile identità di un popolo
2010 – Cecilia Paolini
ISBN 978-88-904900-0-2